Il ragazzo seduto davanti a me, nel mio studio, affabulava euforico, descrivendo scenari immaginifici al suo futuro. Il padre, un importante professionista, lo guardava ansioso, incerto tra speranza e preoccupazione. A un certo punto: “Vorrei comprare un aereo”, dice il ragazzo. Scatta immediata la domanda: “Di quale modello?”. Una risposta assurda, spiazzante. Perfetta se l’avessi pronunciata io. Purtroppo, l’aveva sussurrata il genitore in tutta serietà, entrando nel delirio del figlio.
Si tratta certamente di un esempio estremo, ma utile ad illustrare quanto spesso accade nella comunicazione con un adolescente che sta affrontando la propria metamorfosi per costruirsi un’identità. In tale fase delicata ha bisogno di un’autorità genitoriale che gli offra saldi punti di riferimento e lo ancori al principio di realtà.
Certo, dobbiamo offrire un ascolto attento ai nostri figli, senza tuttavia prendere troppo sul serio richieste che sono espressione degli effimeri entusiasmi di un pensiero onnipotente.
Certo, è bene lasciare spazio alle belle fantasie, anche saperci giocare, ma con la consapevolezza che tali sono, affascinanti trame dello stesso tessuto dei sogni.
Molti genitori, ansiosi, incerti su come interpretare il proprio ruolo, temono di procurare delusione e dolore ai figli, ne subiscono il ricatto affettivo e ne rincorrono acriticamente le richieste, rinunciando ad esercitare la funzione educativa che loro compete. Dimenticano che una certa dose di frustrazione è inevitabile, anzi possiede un valore formativo. Non volendo mai contrastarli, non si accorgono di trattare i ragazzi alla stregua di matti, ai quali dire sempre di sì.
Gli adolescenti, che stanno vivendo un’età complicata e magica, dal cui travaglio usciranno avendo conquistato la loro identità, subiscono il fascino dell’onnipotenza, che li spinge a credere di poter fare qualsiasi cosa, di poter essere qualsiasi cosa. Occorre opporre un argine alla loro ideazione megalomaniaca, in modo che possano riconoscere i propri limiti e imparino a misurarsi con la solida resistenza della realtà.
Se vogliamo aiutarli, dobbiamo sì dare ascolto alle loro ansie, alle loro incertezze, ai loro problemi, alle loro richieste, non dimenticando, però, di esercitare sempre una sana capacità critica. Insomma, prendiamoli sul serio…ma non troppo.