Capita che giovani psicologi o studenti in tirocinio mi chiedano consiglio su letture che possano essere utili alla loro formazione. Di solito rimangono disorientati: si aspettano manuali che insegnino regole di comportamento, testi diagnostici, saggi di famosi psichiatri o psicanalisti cui ispirarsi, e invece ricevono suggerimenti di opere letterarie o segnalazioni di film.
Aristotele diceva che l’impulso alla filosofia nasce dalla meraviglia.
Anche la grande letteratura, come la grande arte, ha il potere di meravigliare. Ci parla di noi, ci insegna a conoscerci, ci rivela chi siamo.
Dostoevskij ci guida alla discesa negli abissi dell’animo umano, che indaga con spietata lucidità; Pirandello ci introduce alla bizzarria del caso e a una realtà che perde la sua saldezza moltiplicandosi per quanti sono i punti dai quali la si osserva; Kafka ci atterrisce e ci affascina con i mostri che affiorano dal profondo, mostri che ci guardano e ci riguardano. La tragedia greca e i poemi classici, elaborando il mito, esplorano tutte le passioni umane, anche le più estreme. Non a caso la psicanalisi vi ha attinto a piene mani.
Mi rendo conto che i miei giovani amici mi chiedono certezze e io suggerisco loro testi che seminano il dubbio, dimostrano l’irriducibilità del reale a regole fisse e a principi chiari, suggeriscono l’evanescenza della verità. Oltre a donarci bellezza, hanno il potere di favorire l’introspezione, di costringere a interrogarsi e riconoscersi, di svolgere una funzione che oso definire terapeutica.
Programma minimale di letture:
- Dostoevskij, Memorie del sottosuolo, Delitto e castigo. Per scendere nel profondo della psiche.
- Pirandello, Così è (se vi pare), Il berretto a sonagli, Enrico IV. Dov’è la verità? Dov’è la follia?
- Kafka, Il processo, La metamorfosi. Nelle pieghe del senso di colpa.
- Svevo, La coscienza di Zeno. Come convivere felicemente con la nevrosi.
- Catullo, Carmi. Tutta la casistica amorosa.
Un tempo si leggeva molto, forse per questo c’era meno bisogno di psicoterapia.