Psiche

Se hai la sindrome di Cenerentola il principe azzurro non basta

Lo dimostrano tanti casi di vita vissuta: anche se arriva il salvatore, Il finale per molte donne è tutt’altro che fiabesco

Se ne era andato abbandonando moglie e figlie quando lei era una bambina… perché suo padre non l’amava.

Erano iniziati tempi duri: la madre aveva dovuto smettere i panni di signora bene per lavorare e mantenere le tre figlie. La sorella maggiore era grassa e goffa, combatteva da sempre per ridurre il giro coscia già minacciato dalla cellulite… ma sua madre l’amava.

La sorella minore aveva una massa di capelli neri, però l’attaccatura bassa e il naso carnoso le davano un’espressione vagamente bovina… ma sua madre l’amava. I disastri scolastici avevano reso necessaria l’iscrizione a una costosa scuola privata che le assicurasse il diploma… ma sua madre l’amava.

Lei possedeva un corpo snello e armonioso, si muoveva con eleganza, aveva grandi occhi languidi e un’intelligenza vivace… ma sua madre non l’amava. Si era messa a lavorare, rinunciando agli studi, per aiutare la famiglia… ma sua madre non l’amava. Mentre si spendeva per massaggi e ripetizioni di latino delle sorelle, lei risparmiava e non chiedeva niente per sé… ma sua madre non l’amava.

Con l’eterno maglioncino azzurro e i jeans si guardava allo specchio… e vedeva Cenerentola.

Intanto l’invidia montava dentro di lei: per Anastasia dal culo basso, per Genoveffa dalla pelle brufolosa… perché la madre le amava. E insieme montava la pretesa di un risarcimento.

E finalmente il risarcimento avviene: Cenerentola incontra il suo principe, che ne riscatta la sorte e la porta a vivere nel suo castello. È un principe moderno, ma rispetta le fiabe: è giovane, bello, ricco, amabile, circondato da affetto e stima, professionalmente affermato.

Cenerentola lascia il trilocale più cucina per l’attico panoramico, smette il golfino azzurro e veste Dior, entra al braccio del suo principe in ambienti esclusivi, mette al mondo due bellissimi principini.

Ma un dubbio incomincia a roderla: il suo principe la ama davvero? Tutti quei suoi amici intellettuali la mettono a disagio, si sente inadeguata, non apprezzata veramente. Lui le regala gioielli… ma la ama? Lui sembra appassionato… ma forse non la ama. Lui cerca di esaudire i suoi desideri… ma certamente non la ama!

Lo specchio della magione principesca non le rimanda alcuna immagine, rimane vuoto. Ha perso l’antica identità e non ce la fa ad acquisire la nuova, a passare da orfana trascurata a oggetto d’amore. Non si adatta a fare da comprimaria nel ruolo di principesca consorte, vuole essere primadonna e lo può essere solo nella sofferenza. Di nuovo il rancore, l’invidia, le rivendicazioni senza fine.

Se il nuovo personaggio non ha potuto nascere, meglio rientrare nella vecchia pelle e riempire lo specchio vuoto. E allora addio al nobile marito, addio all’attico panoramico, addio ai falsi amici, a suoceri e cognati ipocriti, ai salotti di intellettuali spocchiosi. Si torna al trilocale più cucina, ai fornelli, ai golfini azzurri. Il mito familiare si ripete: come la madre che le ha negato il suo amore si ritrova sola, abbandonata, in precarie condizioni economiche, animata soltanto da un continuo lamentoso spirito rivendicativo. Ha fatto un lungo giro per diventare ciò che è: Cenerentola per sempre.

E i figli? Anch’essi sono a un bivio. Ce la faranno a diventare principini o verranno risucchiati nell’universo rivendicativo materno? Potrebbero forse risarcire la madre dell’amore che le è mancato, ma probabilmente la richiesta di lei è superiore a qualsiasi umana disponibilità.

Le fiabe, ormai lo sappiamo, possono offrirsi a molteplici interpretazioni e contengono tutte verità nascoste – Bettelheim insegna.

In che cosa la nostra Cenerentola differisce dall’eroina del racconto omonimo? Entrambe hanno avuto la loro occasione, entrambe hanno incontrato il principe azzurro e sono passate dalla cenere del focolare ai saloni della reggia, ma cosa ha consentito all’una di rimanerci, mentre l’altra è dovuta tornare a un destino di cui il nome è espressione?

In ogni favola che si rispetti c’è sempre una prova da superare o un divieto da rispettare – Amore e Psiche insegna – pena temibili conseguenze. Cenerentola non fa eccezione. La fata madrina ha imposto una regola che non può essere violata: a mezzanotte la protagonista deve lasciare la festa e ritornare alla sua triste quotidianità. Cenerentola rischia di dimenticare il divieto, ma alla fine riesce, anche se a malincuore, a rispettarlo.

È forse questa obbedienza, questa capacità di accettare e di imporsi un limite a permetterle il possesso sicuro del bene che verrà?

La nostra Cenerentola non ha sperimentato il limite: preda dei suoi umori e dei suoi rancori è rimasta fissata agli anni del disamore che solo le dava identità. La metamorfosi non si è realizzata e lei sarà per sempre una Cenerentola.

Psicologo e psicoterapeuta. Fondatore e responsabile scientifico di Fondazione Lighea Onlus.

2 commenti

  • Esmeralda

    Caro Dott. Savuto come lei ben sa la sua Cenerentola corrisponde perfettamente a un personaggio ben noto appena fuoriuscito dalla nostra famiglia! Il percorso e ‘identico. Ognuno si sceglie il suo destino piu’ o meno infernale e non vuole intendere ragioni e sentendosi rabbiosa vittima si fa inconcludente carnefice. Esmeralda

  • Marina Marinello

    gentile,
    vorrei approfondire l’argomento che mi tocca tantissimo, mi può consigliare gentilmente un libro a riguardo?

    Grazie mille,
    Marina

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