Sempre, quando si verificano gravi crimini di sangue che vedono protagonisti persone affette da disturbi psichici, si riaccende l’attenzione sulla presunta pericolosità dei malati di mente e sulla loro cura. Se però osserviamo le statistiche, solo il 3 – 4 % delle azioni delittuose sono da attribuirsi a individui con disagio psichico. Come la mettiamo con l’altro 96 – 97%?
A questo punto sono travolto da una fantasia “folle”: immaginare una possibile distribuzione per le diverse patologie. Quanti cardiopatici? Quanti diabetici? Quanti colpiti da epatite? Quanti prostatici? Trascinato dal gioco della provocazione immagino di compilare una tabella statistica:
Cardiopatici 10% | Ipertiroidei 6% |
Diabetici 7% | Ipotiroidei 2% |
Prostatici 7% | Affetti da artrosi 5% |
Affetti da colesterolo alto 20% | da anemia 4% |
da emorroidi 8% | da epatite 6% |
da calcolosi renale 4% | da Fuoco di S. Antonio 2% |
da pancreatite 3% | Altro 4% |
da psoriasi 3% | |
da insonnia cronica 5% | Totale 96% |
da sordità 2% |
Possiamo divertirci con altre classificazioni. Ad esempio per provenienza. Da Paesi extra Unione europea: albanesi, serbi, egiziani, somali, pakistani…Tutti alternativamente marchiati da stigma come individui con propensione a delinquere. Preferibilmente se neri, meglio se musulmani. Possiamo anche limitarci a orizzonti nostrani: quanti siciliani? Quanti sardi? Quanti bergamaschi? Quanti napoletani? Quanti altoatesini? …. In questo caso sono stati spesso colpiti da stigma immigrati provenienti da zone del profondo Sud ritenute arretrate socialmente e culturalmente.
Ma lo stigma più tenace, più profondamente radicato rimane quello che concerne la malattia mentale, a cui viene attribuita una intrinseca componente violenta.
Si tratta di un meccanismo psicologico che permette ai “sani” di esorcizzare la paura che l’enigma del disagio psichico suscita, di frapporre tra loro e chi ne soffre la barriera della diagnosi psichiatrica che li rende irrimediabilmente diversi, abitanti di un altro pianeta.
Certo, di fronte a gesti particolarmente efferati – uomini che sterminano la famiglia, madri che uccidono i figli – o a crimini incomprensibili – persone che si mettono a colpire innocenti sconosciuti – è facile parlare di follia. Forse possiamo presupporre che, quando non si tratti di criminalità organizzata, colui che compie un’azione cruenta è sempre preda di un raptus, è, in quel momento, “fuori di testa”. Ma un gesto “folle” non significa “essere” folle. Lo dimostra il fatto che autori di terribili fatti di cronaca vengono regolarmente descritti da amici e conoscenti come persone amabili, gran lavoratori, genitori amorosi, figli responsabili.
Chi invece la patente di matto ce l’ha è più facile che la violenza malata la rivolga verso se stesso, quando la usa contro il prossimo non fa che manifestare quell’aggressività che è propria della natura umana e che coinvolge in egual misura tutti noi, matti e presunti “normali”.