Attualità

L’esame di maturità fa paura perché è un addio alla beata gioventù

Mette ansia non tanto perché è un attestato della preparazione scolastica ma sopratutto perché rappresenta ancora un rito di passaggio obbligato all’età adulta

È tempo di Esame di Maturità. Accompagnato, come sempre, dalle studiate notturne, dai problemi legati alla scelta della tesina, dall’ansia di prestazione, dalle scommesse sulle tracce e le leggende sugli esaminatori, dalla paura.
Una paura che parrebbe irragionevole, date le statistiche che accertano l’altissima percentuale di diplomati. I commissari interni, anche quelli con fama di severi, in questa occasione cambiano pelle e si trasformano invariabilmente in avvocati difensori dei propri studenti, mentre i commissari esterni, tranne rari casi di individui frustrati, in cerca di rivalsa per gli insuccessi professionali, decisi a godersi il loro momento di potere, non se la sentono di contrastare troppo colleghi che con gli esaminandi hanno lavorato per anni. Insomma, per essere respinti bisogna proprio mettercela tutta. Eppure la paura c’è sempre.

Un tempo il cosiddetto Esame di Maturità condensava in sé il doppio significato di prova che attestava le competenze e il percorso formativo dello studente e di rito di passaggio all’età adulta.
Il primo di tali significati è andato sbiadendosi, tanto è vero che molte voci sostengono l’abolizione di un tale strumento, considerato obsoleto, e gli atenei non tengono ormai in alcun conto i suoi esiti, preferendo istituire test d’ingresso in proprio.
Nonostante il progressivo declassamento, resiste invece l’altro significato, quello di rito di passaggio, certo molto meno cruento e impegnativo di quelli in uso in altre epoche o presso altri popoli.
Fino a qualche decennio fa lo affiancava in questo ruolo il servizio militare, in parte sostituito dal servizio civile obbligatorio.

Oggi l’Esame di Maturità è rimasto da solo a presidiare simbolicamente il passaggio dall’adolescenza all’età adulta,

a segnare la cesura tra una realtà quotidiana nota e un futuro fantasticato tutto da costruire.
Da qui la percezione della solennità, anche se un po’ appannata, di un rituale dal sapore antico: le buste sigillate consegnate dai carabinieri, la cerimonia dell’apertura dei plichi, l’estrazione a sorte dell’ordine di successione dei candidati, le rigide disposizioni per lo svolgimento e la consegna degli elaborati (ritorno a un’era predigitale: vietati cellulari e altri strumenti tecnologici; ma anche l’uso di materiali cancellabili e del bianchetto), gli orali di fronte all’intera Commissione schierata, la minuziosa verbalizzazione, le centinaia di firme, la liturgia della liquefazione della ceralacca, fatta colare sui pacchi dei documenti da archiviare per apporvi i timbri di chiusura.
Anche senza idealizzare il percorso scolastico, per alcuni accidentato e sofferto, i candidati hanno abitato per anni gli stessi spazi, si sono entusiasmati e annoiati sugli stessi libri, hanno amato o odiato gli stessi insegnanti, si sono frequentati tutti i giorni intrecciando amicizie e amori, hanno vissuto in un ambiente protetto, in una comunità solidale, in cui hanno condiviso curiosità, scoperte intellettuali, passioni, mode, emozioni e affetti.
Anche coloro che desiderano ardentemente entrare all’Università e hanno già fatto scelte precise sanno che la stanza dei giochi chiude, un mondo sta per finire. Alcune amicizie potranno certo continuare, ma non sarà più come prima, quando ci si vedeva tutte le mattine e si trascorreva insieme gran parte della giornata: in aula, studiando in compagnia, nel tempo libero. Molte strade si separeranno e ciascuno sarà più solo di fronte alle sfide del futuro.

Forse la paura dell’esame è un ingrediente necessario e non si può ridurre al solo timore del compito di matematica o della versione di latino: una porta si apre, un’altra si chiude alle spalle.
L’Esame di Maturità, anzi “La Maturità”, come tutti continuano a chiamarlo, nonostante la dizione ufficiale corretta sia Esame di Stato, ha veramente qualcosa di speciale, a incominciare dal nome simbolico. Ne fa prova il sogno ricorrente, comune a tanti, in cui la prova eternamente si ripete e la condizione di ansia si ricrea.
Quale è il suo significato? Perché è democraticamente diffuso tra ex studenti bravi e meno bravi, brillanti e mediocri, tra coloro che hanno patito la scuola e quelli che l’hanno frequentata con successo? Tra chi ha meritato un diploma a pieni voti e chi l’ha ottenuto a stento?
I dubbi sulla propria inadeguatezza di fronte alle difficoltà del vivere trovano espressione nel timore della Prova per eccellenza, la Prova che anche nel nome simbolico certifica l’acquisizione di una personalità matura.
Certo, il significato di un sogno è qualcosa di assolutamente personale e la sua interpretazione non può prescindere dal sognatore, tuttavia mi è sempre piaciuto pensare che si tratti in fondo di un sogno consolatorio. Attraversato il terrore dell’incubo notturno, al risveglio si può tirare un sospiro di sollievo e dirsi: «Se ce l’ho fatta, se ho superato La Prova, supererò anche le prove future».

Psicologa. Collaboratrice della fondazione Lighea. Dal 1980 si occupa di terapia e riabilitazione di pazienti psichiatrici.

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