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Figlio mio, il quarto posto non è male, neanche papà è un campione

Eccessive aspettative producono nei ragazzi una doppia frustrazione: per non aver raggiunto il risultato e per aver deluso i genitori

Spesso i genitori non sono contenti dei propri figli, ma anche molti figli non lo sono dei propri genitori.
Cosa vogliono i figli? Essere ascoltati, capiti, apprezzati, soprattutto amati.
Cosa vogliono i genitori? Essere ascoltati, riconosciuti, apprezzati, soprattutto amati.
Di nuovo rispetto al passato c’è solo un’inversione di tendenza nei rapporti reciproci: se un tempo era il bambino che cercava di conquistare il genitore, ora è spesso quest’ultimo in gara per conquistare il figlio. Il fenomeno si accentua quando si tratti di genitori separati, per i quali la competizione intorno ai figli rientra nella resa dei conti con l’ex partner.
In questi casi (ma non solo) si assiste spesso al tentativo di prevalere attraverso la dovizia dei regali: i bambini di solito ne approfittano, ma difficilmente “si vendono”, specie se intuiscono che il dono serve a comprare il tempo. Diventa cioè compensazione per l’assenza, l’avarizia di tempo a loro dedicato.

L’amore, a volte, tira brutti scherzi: padri e madri proiettano sui figli le loro ambizioni e li caricano di aspettative eccessive per fragili spalle.

Li sognano dotati di qualità intellettuali, attitudini artistiche o capacità sportive e li spingono a coltivarle con corsi che occupano tutto il tempo libero: dall’inglese al piano, dalla danza classica al calcio, dal violino al tennis, alla scherma, al teatro, all’equitazione, alle arti marziali, al giapponese…
Ma non tutti sono piccoli geni, novelli Mozart o futuri Maradona. La maggior parte se la cava più o meno dignitosamente a scuola; molti si divertono (quando si divertono) a fare sport, ma non saranno mai campioni.

Eccessive aspettative producono una doppia frustrazione: per non raggiungere i risultati sperati e per deludere il desiderio dei genitori.

Ma anche bambini e ragazzi possono incorrere nello stesso errore. Delusi da genitori che non rispondono alla loro idealizzazione, credono di ravvisare in zii, parenti, padri e madri di amici modelli più adeguati alle loro fantasie. La maggiore distanza permette di proiettare su tali persone la capacità di rispondere a richieste che genitori imperfetti non riescono a soddisfare. E allora possono invidiare l’amica che ha quella madre tanto bella e disponibile o vedere nello zio quel padre allegro e amabile che loro non hanno.
All’interno di una coppia le dinamiche descritte porterebbero facilmente alla separazione.
Ma da genitori e figli non si divorzia, e allora bisogna cercare di farseli andare bene.

Padri e madri accettino i figli per quello che sono, con le loro fragilità, senza spingerli verso traguardi che non sono in grado di raggiungere, ma valorizzando e mostrando di apprezzare le cose in cui riescono meglio (tutti ne hanno qualcuna). Soprattutto evitino i confronti con ragazzi più dotati, magari anche più simpatici, o, peggio, gli inviti a imitarli.
Nel caso di competizioni, sportive e non, un amico che di psicologia infantile se ne intende suggerisce di valorizzare la regola aurea del quarto classificato. Arrivare quarti significa infatti un buon piazzamento, ma esclude ogni velleità di primato.

Anche i figli devono imparare ad accettare quei genitori imperfetti, a volte non troppo simpatici, che hanno avuto in sorte, con tutte le loro debolezze e la loro presunzione.
Il problema è che, crescendo, bambini malcontenti diventano adolescenti ribelli, molto più critici e intolleranti. Possiamo però confidare, confortati dall’esperienza, che, quando avranno portato a termine la loro ribellione e avranno “ucciso il padre”, conquistando la propria indipendenza, diventeranno più indulgenti e disposti a perdonare.

Psicologa. Collaboratrice della fondazione Lighea. Dal 1980 si occupa di terapia e riabilitazione di pazienti psichiatrici.

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