Oltre al Corona virus, un altro Corona in questi giorni ha fatto parlare di sé. Fabrizio Corona. Un nome che di solito collego a un fastidio, a un’alzata di occhi, a un senso di snobismo |
culturale da cui nessuno di noi è completamente immune. Nel corso di una trasmissione televisiva, la madre ha dichiarato una storia personale e familiare di patologie psichiatriche, assumendosi la responsabilità delle problematiche del figlio: un intervento con modalità istrioniche ma che certamente ha squarciato il velo attorno |
al personaggio Corona, da Re dei paparazzi a “narcisista, malato, fuori come un balcone”, secondo la narrazione materna. Da professionista della salute mentale, vorrei riuscire in un pensiero che sia capace di cucire insieme mente e cuore, nell’atto di andare un po’ oltre apparenze polarizzate su estremi facili |
da condannare. Dietro l’antipatia, mi chiedo quanti di noi si sentirebbero di ammettere di aver segretamente invidiato il Fabrizio Corona di turno, col suo surfare sfacciatamente sopra le regole, bello e dannato di un mondo di vip, notorietà e soldi facili, veicolo di una curiosità malata e banale con cui una parte voyeuristica della nostra società ogni tanto collude morbosamente. |
Quanti di noi, crogiolandosi un po’ nel grigio di una vita secondo le regole, eroi del dovere quotidiano, coltivano segretamente un sogno proibito di vite sregolate, luccicanti, trasgressive.
Devo aprire le porte a |
questa parte di me per sintonizzarmi con i tanti Fabrizio Corona che oscillano dalle stelle alle stalle della nostra società. Da qui, mi vengono in mente i miei pazienti che sono stati “spoilt children”, nella duplice accezione del termine: come sottolinea lo psicoanalista Franco Borgogno, “spoilt” in inglese significa viziato ma anche deprivato. Bambini viziati ma depauperati di un ingaggio educativo che li renda capaci di adattarsi alle regole della società, di tollerare le frustrazioni: e li vedo questi bambini, nella stanza di psicoterapia (quando ci arrivano), non tollerano che la seduta duri 45 minuti, non tollerano che un gioco sia rovinato da un graffietto, che manchi il verde acqua nella scatola dei pastelli, perché devono avere accessori perfetti per sentirsi funzionanti, |
pena il contatto intollerabile con un senso di inadeguatezza che li fa crollare. E vedo adolescenti che si sentono perennemente perseguitati dalle regole, per cui le norme sociali sono sempre contro di loro, inabili a identificarsi empaticamente in un gruppo, incapaci, soprattutto in questo periodo, di attivare risorse dentro di sé perché, nella bidimensionalità del loro mondo interiore, dipendono dal come le-cose-devono-andare-per-essere-adolescenti- cometuttiglialtri. Mi viene un inusuale afflato di tenerezza per quest’uomo, che colgo nella sua condannata umanità: nella sua fragilità ora mi sembra di sintonizzare una parte di me più gentile di quella che lo giudica, e con questa parte gli auguro di trovare possibilità di vita e di pace. *C. Baudelaire, Heautontimoroumenos, I fiori dePsicol |