Psiche

Per placare l’ansia mi serve un copione da recitare

Quando l’ansia e l’incertezza prendono il sopravvento, un “manuale di istruzioni” a cui attenersi sembra la soluzione. Un’altra strategia è quella di riempirsi di impegni, così da non lasciare spazio all’imprevisto. Ma neanche alla vita

In questi tempi incerti e ansiogeni cresce la domanda di regole precise, quasi di un manuale di istruzioni a cui attenersi. Avere un copione da recitare senza dubbio acquieta l’ansia, purtroppo però (o fortunatamente?) la vita è essa stessa scommessa, rischio, comporta la responsabilità di scegliere. Procedure e protocolli non riescono a rispondere alla sua infinita imprevedibilità, all’intrecciarsi dei casi, all’irrompere dell’irrazionale.

La paura di non avere risposte adeguate al prodursi di eventi inaspettati non è però tutta colpa del Covid, che l’ha solo amplificata, così come ha esasperato la ricerca di schemi di comportamento difensivi dal rischio dell’ignoto.  Una delle strategie per esorcizzare l’imprevisto è riempirsi di impegni che con la loro urgenza impediscano di pensare. Oggi la velocità del consumo non riguarda più solo gli oggetti, ma si è impossessata anche del nostro tempo, perennemente occupato da una sequenza di azioni, appuntamenti, contatti, riunioni, che non lasciano spazio alla riflessione né all’immaginario, come fossimo ossessionati da horror vacui. Avere un copione che offra punti di appiglio cui aggrapparsi sembra allora promettere sicurezza.

La parola copione rimanda all’idea di recita, una recita in cui, se l’interpretazione può variare, la trama è sempre definita, non comporta sorprese, realizza la previsione.

Siamo immersi in un flusso continuo di cose, parole, immagini, informazioni: un “troppo pieno” offerto alla voracità di un consumismo che non distingue e tutto fagocita senza assimilare. Il processo inizia già dalla scuola, sulla quale si riversa una serie di iniziative, anche di alto livello, ma che vengono spesso offerte in quantità e consumate in velocità a scapito della qualità, e quindi finiscono per non essere elaborate e per non lasciare traccia.

La ricerca di un codice di comportamento al quale attenersi in tutte le occasioni la colgo nelle parole dei miei pazienti, che vorrebbero da me regole certe per la manutenzione della psiche, la vedo manifestarsi nelle relazioni sentimentali, in cui ciascuno degli attori tende a recitare una parte codificata, quindi prevedibile, che eviti le insidie della passione, avvertita come destabilizzante e quindi pericolosa.  Si desidera un oggetto d’amore immobile, “ingessato”, che non comporti deviazioni da una norma consolidata: tutti i  movimenti che, introducendo l’ effetto sorpresa eludono il controllo,  producono ansia. Affiorano alla mente le immagini finali del film di Luis Bunuel Bella di giorno, con Catherine Deneuve che, archiviate le trasgressioni, accudisce amorevolmente il marito ridotto sulla sedia a rotelle: la coppia ha finalmente raggiunto un equilibrio armonioso.

Siamo forse alla ricerca dell’algoritmo salvifico che pianifichi il nostro agire e addirittura imponga un ordine alle emozioni?

Di fronte a questi scenari, il nostro compito di psicoterapeuti è sempre più quello di liberare le persone dalla gabbia degli schemi e di aiutarle a sopportare il dubbio, ad affrontare il rischio della scelta, a gestire la paura dell’ignoto, a coltivare il desiderio, con la sua meraviglia e le sue delusioni.

Psicologo e psicoterapeuta. Fondatore e responsabile scientifico di Fondazione Lighea Onlus.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *