Psiche

Il mio “matto” lockdown

Un compito inatteso in un momento unico, quello del lockdown del marzo 2020. Il lavoro di stesura dell’Almamatto, racconta una delle autrici, “mi ha permesso di restare a casa da sola per quattro mesi senza mai soffrire di solitudine. E in compagnia di personaggi indimenticabili”

Marzo 2020. La giornalista Donata Sartorio, di cui sono da poco diventata assistente, mi mette al corrente di un progetto un po’ folle che “un suo amico psicologo” ha in mente: scrivere 365 brevi biografie di “matti”, non più in vita, con cui comporre un calendario. Il dubbio è lecito: chi sarà più matto tra i protagonisti e i creatori del libro? Non credo di averlo ancora scoperto. Forse un giorno al calendario si aggiungerà un mese bonus, come la tredicesima, e scriveremo anche di loro. Per fortuna non è questo il giorno: godono di buona salute e continuano a inventare progetti folli, ma utili. 

Marzo 2020. Il mondo si ferma e la vita si fa della misura del mio trilocale a Milano. Per quattro mesi resto a casa da sola, senza mai accusare la solitudine. Sono in buona compagnia: il primo matto a farmi visita è Marlon Brando. Un buon inizio, una grande sfida. Dopo di lui, molti e molte passano per un saluto. Trascorro intere giornate immersa nelle loro vite. Guardo documentari, leggo e studio interviste, ascolto la loro musica. Cerco di restituire un po’ dell’emozione speciale che la loro scoperta, o riscoperta, mi regala.

Penso che il lockdown non sarebbe un periodo così sereno senza questa inaspettata responsabilità. 

I miei matti li ricordo tutti con affetto, ma ad alcuni sono particolarmente affezionata: le loro vite si intrecciano a situazioni personali e restano legate alla mia memoria. Tra i più adorati ricordo Filippo Bentivegna che nel suo “castello” a Sciacca modella rocce calcaree per scolpire teste umane che diventano sudditi del suo regno. La leggenda vuole che Filippo, partito per l’America a cercare fortuna, ritorni in Sicilia dopo un misterioso trauma alla testa. Solo allora si mette a scolpire compulsivamente le teste, forse in cerca della sua. Ha un’intelligenza primitiva, non educata, che ricorda mio nonno, pittore e scultore che lascia noi eredi ricchi (e sepolti) di opere. Si rifiuta di venderle: sono certa che anche Filippo non avrebbe ceduto il suo castello per alcuna cifra al mondo.

Un’altra matta che ricordo con emozione è la cantautrice Amy Winehouse. Ha 28 anni quando muore nella sua casa di Londra, dopo un periodo in cui sembra stare meglio. Per giorni, dopo aver scritto la sua biografia, mi tormenta il pensiero di come sarebbe stata la sua vita se non avesse incontrato l’uomo che ha contribuito alla sua distruzione. L’esistenza di Amy è una storia violenta, piena di abusi subiti e auto inflitti. Una sofferenza che non mi è indifferente: l’esperienza di Amy è l’esperienza di tutte.

Anche quando la vita riparte a giugno 2020, scrivere di loro mi riporta in una dimensione di serenità.

Un giorno l’amico psichiatra di Donata Sartorio mi racconta che due pazienti in fase di guarigione si sono innamorati e hanno deciso di andare a vivere insieme. Io mi preoccupo: non c’è il rischio che possano stare di nuovo male? Lui, saggio, risponde: “Il rischio esiste sempre”. In effetti, ogni persona di cui ho scritto è stata esposta al rischio della follia. Il rischio di essere geniale, eccentrico, emarginato. Sicuramente speciale. Spero che la mia carriera da poco avviata mi riservi ancora molti matti. Ma pochi lockdown.

Laureata in cinese a Venezia, si è specializzata nella moda con il Master in Management del Made in Italy. È responsabile per la comunicazione di un marchio italiano di moda emergente

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *