Attualità

Diminuiscono le nascite perchè cala il desiderio del futuro

Le leggi a favore del nucleo familiare sono utili ma non bastano: occorre promuovere un cambio culturale

La denatalità minaccia l’Europa, e in questa Europa minacciata l’Italia è quella più messa male. Dall’inizio del  2015 all’inizio del 2021 abbiamo perso più di un milione e mezzo di abitanti. Le previsioni degli esperti sono impietose: se non si inverte la rotta, alla fine del secolo il numero degli Italiani potrebbero risultare dimezzato. Insomma siamo un popolo in via di estinzione. Anche le aspettative sull’apporto dell’immigrazione sono state ridimensionate: una volta toccato il suolo europeo, i migranti riducono la loro fertilità. Qualcuno, memore di quanto accaduto a New York, e non solo, durante prolungate interruzioni della corrente elettrica, si è ridotto a sperare che il lockdown   partorisse un nuovo baby boom, ma l’aspettativa è andata delusa. La pandemia invece di favorire l’intimità pare abbia prodotto separazioni.

Si dice che il nostro Paese non incoraggi alla procreazione: poche e inadeguate le politiche a sostegno dei nuclei familiari effettuate dai vari governi che si sono succeduti nel tempo. Ora si cerca di porvi riparo. Facile accesso a nidi e asili per tutti i cittadini, assegno unico per ciascun figlio sino alla maggiore età, legislazione a protezione di lavoratrici madri sono tutti provvedimenti necessari, oltre che doverosi, ma sarebbe sbagliato illudersi che da soli risolvano un problema da affrontarsi piuttosto sul piano culturale.

Quello che va recuperato è il desiderio del futuro, che vede le nostre vite proiettarsi al di là della nostra esistenza terrena, nelle vite dei figli e dei figli dei figli. Il modello culturale oggi prevalente invita all’individualismo che si consuma nel qui e ora. Non a caso la coazione a ripetere del sesso ha sostituito l’eros, che invece è attesa nutrita di desiderio, fantasia, investimento affettivo, metamorfosi. Per dirla con Kierkegaard, ci troviamo nella fase del Don Giovanni, in cui  rapporti molteplici, facili e disimpegnati, eludono la paura di una vera relazione con l’Altro.

Entrare nella storia esige un salto di qualità, comporta infatti la scelta di collocarsi in un processo temporale, facendosi carico dell’eredità del passato e aprendo al futuro, come anello di una catena che unisce le generazioni.

Tale scelta non può prescindere dall’accettazione del nostro destino di provvisori abitatori del pianeta terra, impegnati a passare il testimone agli abitanti futuri, a cui lasciare un’eredità di pensieri e opere, laddove capaci, sicuramente di DNA. Il desiderio di partecipare a questo progetto è ciò che può spingere ad accettare la responsabilità di un figlio, assicurandosi quel tanto di immortalità che sola compete a tutti noi.

Una società prolifica è una società che ha fede nelle sorti dell’umanità e che guarda con fiducia al futuro, l’opposto di coloro che vivono nella gabbia di un continuo presente il loro sogno di onnipotenza, prigionieri di una irresponsabile, eterna adolescenza. 

Mi rendo conto che l’argomento richiede una analisi ulteriormente articolata e approfondita. Per ora mi fermo qui, ma è solo un inizio. Mi riservo di riprendere il discorso.

Psicologo e psicoterapeuta. Fondatore e responsabile scientifico di Fondazione Lighea Onlus.

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