Attualità

Renzi è un grande giocatore ma non nel gioco di squadra

Sa anche perdere e nella sconfitta dà il meglio di sé.
Ma deve imparare a condividere il rischio

Matteo Renzi mi incuriosisce: mi piacerebbe averlo nel mio studio, disteso sul lettino, per poterne sondare la psiche profonda. Non potendolo fare, provo a lavorare di fantasia senza alcuna pretesa di scientificità.
Il suo profilo psicologico mi ricorda quello di un giocatore: non di un giocatore qualsiasi, ma del giocatore descritto da Dostoevskij nel romanzo omonimo.

Lo stesso agonismo, lo stesso impulso a rilanciare, ad andare allo sbaraglio, a trovare la voluttà nel giocarsi la vita. Nel giocatore di Dostoevskij tutto questo assume addirittura una dimensione religiosa, per cui si giustificano le parole di Gesù: «Chi cercherà di salvare la sua vita la perderà, ma chi la perderà la custodirà».
Non oseremmo affermare lo stesso per Renzi, tuttavia agisce in lui una formazione cattolica che ha lasciato tracce profonde.

Questo tipo di giocatore non teme il rischio di perdere perché è nell’azione che si sente vivere, è la passione a trascinarlo.

Non a caso Matteo Renzi sa perdere e proprio nella sconfitta sembra dare il meglio di sé. Il trauma è in un certo senso necessario per trovare lo slancio per ripartire, per riprendersi la scena dopo essere uscito di scena.

I riti della politica italiana, le lentezze parlamentari non fanno per lui, non vuole nemmeno perdere tempo a capirli: ha fretta, deve muoversi rapidamente. Il vero pericolo è l’assenza di spazio per un’attenta e approfondita analisi di ciò che accade, perché non si può fermare a riflettere.
Come per il protagonista del celebre romanzo il gioco non è mezzo per arricchire, ma fine, così per Renzi l’azione è fine in sé, è la prova in cui misura se stesso, è la via dell’autorealizzazione.

La lezione subita lo renderà più prudente? Difficile dirlo.
Dovrà resistere alla tentazione di alzare la posta e di giocarsi il tutto per tutto nella rivincita, come il suo carattere impetuoso lo inclina. Posto che è difficile per lui modificare alcuni dati caratteriali, che sono, per altro, anche elementi di forza, l’unica soluzione vincente che possiamo suggerire al nostro giocatore è quella di sostituire al gioco solitario della roulette un gioco sociale di squadra.

Psicologo e psicoterapeuta. Fondatore e responsabile scientifico di Fondazione Lighea Onlus.

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