Milano, corso Garibaldi, all’incrocio con piazza San Simpliciano: dall’inizio del mese di ottobre tutti i passanti si fermavano con il naso in su in ammirazione di un paio di cosce femminili sospese sulle loro teste.
Sopra l’impalcatura che ricopre la facciata in restauro di un condominio, proprio a fianco della basilica e a pochi metri dalla Facoltà di Teologia, era stato applicato un enorme manifesto con la foto di una nota modella in posa seduttiva, con generosa esposizione delle proprie gambe.
Un piccolo spazio racchiudeva la bellezza artistica della splendida facciata romanica, con le sue linee armoniose e il caldo colore della pietra, e la gigantografia di una bellezza sfacciatamente carnale. Una espressione moderna della tentazione?
Confesso che al primo impatto ne sono stato sgradevolmente colpito e anche un po’ scandalizzato, come un vecchio perbenista. Mi sembrava che la collocazione fosse particolarmente disdicevole.
Chi aveva potuto permettere che un’immagine così provocante turbasse l’atmosfera raccolta della piazza e addirittura sovrastasse la facciata della chiesa?
La posa mi ha ricordato per analogia una sequenza del film Simon del deserto: una fanciullina saltella, vestita alla marinara, intorno a una colonna sulla cui cima è appollaiato un uomo dai lunghi capelli e dagli occhi di fuoco. «Simone, Simone», chiama la piccola con una vocina suadente. Poi si siede e solleva la veste mostrando cosce da donna e gambe inguainate in calze nere con giarrettiera a vista. Lo stilita osserva dall’alto.
Quel geniaccio di Bunuel ha interpretato a suo modo la scena della tentazione che tanti pittori ha ispirato ed è stata rappresentata in tele famose.
Innumerevoli quadri ci mostrano anacoreti insidiati dal demonio, non si contano i santi Girolamo e Antonio penitenti nel deserto, sottoposti alla seduzione delle forze infernali, per non parlare delle varie tentazioni di Cristo.
Evocando tale illustre tradizione mi sono chiesto: cosa direbbe l’enigmatico sant’Antonio di Hieronymus Bosch, assediato da esseri mostruosi, frutto di metamorfosi e contaminazioni tra mondo umano, animale, vegetale e minerale? O il drammatico sant’Antonio di Dalì, minuscolo personaggio confinato in un angolino e quasi espulso dal quadro dall’incalzare di gigantesche strutture fantastiche, simili a spaventosi marchingegni guerreschi? E ancora il terrorizzato santo di Salvator Rosa, incalzato da creature orrifiche, la più minacciosa delle quali è un ermafrodito con testa di cavallo, ali di uccello, lunga coda, frutto di un innaturale processo di ibridazione?
Oggi, al posto di terrifici mostri tentatori o di diavoletti e diavoloni pronti a trascinare alla perdizione i santi penitenti, c’è una soubrette protagonista del gossip, che sorride invitante da un cartellone che pubblicizza un marchio di lingerie. Chissà se riuscirà a distogliere dai loro studi severi i futuri teologi o a suscitare pensieri impuri nei frequentatori della basilica.
Con il passare dei giorni l’atteggiamento censorio ha però lasciato il posto a una più pacata riflessione. In fondo, qualità artistica a parte, l’immagine di una bella donna, ancorché in posa un po’ volgare, è sempre meglio di terrificanti figure demoniache, fatte per popolare incubi notturni. Può certo suggerire fantasie sessuali, ma non evocare supplizi e torture che sembrano prodotto di ossessioni di menti malate, e sono simboli di una malvagità crudele che cova nel profondo.
Ho rivisto pertanto il mio giudizio sul grande pannello: contemplandolo, gli uomini avrebbero potuto misurare la tentazione del sesso, le donne quella dell’invidia.
Ma ecco il colpo di scena: ieri l’immagine è stata rimossa. La curia ha protestato? I condomini si sono ribellati?
Forse si tratta solo di normale avvicendamento: adesso sul traliccio campeggia la pubblicità di una compagnia aerea che invita a visitare la Russia.
La gente che passa alza gli occhi, cerca con lo sguardo, poi abbassa la testa e se ne va delusa.
Queste riflessioni hanno un corollario personale.
È capitato che mio figlio (13 anni) incontrasse presso l’oratorio la modella della foto assediata da una folla di ragazzetti e di fanciulle che pregavano per un selfie. Le si è avvicinato con un amico, le ha porto il suo cellulare e, indicandole il pulsante da premere, si è fatto fare una foto.
Non ho avuto il coraggio di rimproverarlo, anzi devo confessare di essermi sentito orgoglioso di lui.