Vivo a Milano, in un quartiere fitto di palazzi condominiali, bar, ristoranti, botteghe, percorso da vie trafficate in ogni ora del giorno, ricco anche, sì anche, di inquinamento di vario genere, atmosferico, acustico, da assembramento umano. Molti amici sostengono che si vivrebbe meglio in un habitat meno caotico, magari immersi in una natura amena, in collina o in un paese di mare, e sognano, per il dopo pensione, una villa nel verde. Qualcuno questo sogno lo ha anche realizzato.
Quanto a me … mai pensato di trasferirmi. Mi piace vivere nel cuore pulsante della metropoli e sono disposto a sopportarne tutti i disagi: traffico, rumore, affollamento. Mi piace sapere che posso raggiungere facilmente, con i mezzi pubblici, in alcuni casi anche a piedi, musei e mostre, che cinema e teatro sono dietro l’angolo. Ne sono un assiduo frequentatore? Al contrario, non ci vado (quasi) mai, ma il fatto di averne la possibilità mi appaga. Ho imparato che importante non è tanto “fare”, quanto “sapere di poter fare”: questo mi fa sentire libero.
Scendo in strada e ho solo l’imbarazzo della scelta tra una serie di bar e ristoranti diversi e di pasticcerie golose, nel raggio di cento metri trovo fornitissime librerie per tutti i gusti di lettori, botteghe e negozi mi offrono l’intera gamma dei prodotti di cui potrei avere bisogno, necessari e sfiziosi. No, non soffro di nostalgie bucoliche, anzi sono profondamente convinto che questo è proprio l’habitat che si addice alle persone di una certa età. Si può godere dell’hinterland o di quartieri residenziali fioriti, “a misura di bambino”, finché si è giovani, ma l’avanzare degli anni dovrebbe indurre a un movimento centripeto per continuare a mantenersi vivi.
Come psicoterapeuta mi sono battuto per l’inserimento dei pazienti psichiatrici nel tessuto sociale, privilegiando, a questo scopo, per le comunità terapeutiche che dirigo, soluzioni abitative che li portino a vivere in quartieri residenziali cittadini, dove si svolge la vita associata, a stretto contatto con le famiglie e gli uffici che li abitano, secondo una strategia contraria alla loro collocazione al di fuori dei centri urbani, in luoghi magari apprezzabili dal punto di vista naturale, ma isolati, pertanto privi della possibilità di offrire facilità di contatti sociali e di stimoli culturali. Mi faccio guidare dalle stesse considerazioni per quanto riguarda le scelte abitative di coloro che, come me, stanno invecchiando.
Non solo la spesa a chilometro zero, ma teatri, ma cinema, ma sale da concerto, ma mostre … anche la cultura merita il chilometro zero.
Considero pericolosa l’attrazione della pace campestre, un’illusione responsabile del venir meno di stimoli sociali e culturali, rivelatasi per molti causa di accelerazione dell’invecchiamento, così come considero pericoloso mitizzare la pensione. Certo, chi svolge un lavoro usurante, e per usurante non intendo solo fisicamente pesante, ma anche ottusamente ripetitivo, penso abbia diritto a una messa a riposo anticipata, ma chi ha un’occupazione appagante, chi si sente gratificato dal suo impegno è bene continui a lavorare senza limiti di età, nonché a risiedere nel suo ambiente di vita.
Non a caso psicoterapeuti e psicanalisti anche in età avanzata tendono a non sospendere l’attività: Freud non va in pensione. Abbiamo anche il vantaggio che ai nostri pazienti non importa se diventiamo un po’ bizzarri.