Molti pagheranno con la vita un errore di rassicurazione

Come mai la gente non si fida di un vaccino se gli effetti negativi sono comunque inferiori ai benefici?

‘Sono stati fatti gravi errori nella comunicazione’.

Rimbalza questo ritornello ogni volta che cerchiamo di spiegare una delle mille disfunzioni legate alla gestione della pandemia. Errori che si ripetono ormai da mesi, e già definirli soltanto ‘errori’ mi sembra un colpevole eufemismo. Si tratta in realtà di veri e propri attentati alla salute pubblica, che hanno causato migliaia di morti. 

Se andiamo alla etimologia del termine, ne comprendiamo forse meglio la complessità e la portata.  ‘Communicare’, dal latino ‘cum’ ‘munis’ implica mettere in comune una responsabilità, una funzione, far sì che una nozione diventi patrimonio di tutti e contribuisca ad un approfondimento del sapere. Responsabilità dunque socialmente importante, che diviene ancora più impegnativa quando riguarda un tema sensibile come la salute pubblica. In tempi di pandemia ,il tragico errore di partenza è stato quello di mettere l’arma della comunicazione in mano a illustri professionisti, virologi, epidemiologi, che non la sapevano usare, e non erano minimamente capaci di valutare l’impatto psicologico dei propri interventi. O ancor peggio, armare i politici, che hanno peccato spesso in malafede, distorcendo mezze verità a fini elettorali. Non meno colpevoli i giornalisti, non di rado incapaci di valutare l’effetto psicologico di mezze verità non ancora controllate, o addirittura intenzionati a sfruttarne l’impatto emozionale per motivi di audience  

 Si sono succeduti nei mesi eccessi di ottimismo e di pessimismo, che sono stati ingigantiti dai megafoni televisivi, fino a determinare tragiche psicosi di massa. Ma ancora più deleteri si sono rivelati alcuni interventi ‘rassicuranti’. Autorevoli scienziati, interrogati sugli effetti collaterali di alcuni vaccini (AstraZenica ora ribattezzato Vaxzevria, o Johnson e Johnson)  hanno pubblicamente dichiarato ‘che gli effetti negativi sono comunque inferiori ai benefici’. Un’affermazione del genere ha giustamente scatenato tragiche reazioni di sfiducia. 

Come dire, in un contesto sportivo, che su dieci partite giocate il vaccino vince sei a quattro. Se è così, la gente fa bene a non fidarsi, perché capisce che gli svantaggi sono poco meno dei vantaggi, e il rischio è troppo alto. Ma non è così. In realtà gli effetti negativi gravi sono talmente piccoli da potersi definire ‘infinitamente piccoli’, ossia uguali a zero. 

Perciò, se si giocano un milione di partite, il vaccino più ‘pericoloso ’vince novecentonovantanovemilanovecentonovantanove volte, e salva la vita di decine di migliaia di persone che altrimenti morirebbero di polmonite. 

Dopo il tam-tam terroristico su Astrazeneca (amplificato probabilmente da colossali interessi commerciali) solo qualche medico ha sommessamente rilevato che le complicazioni trombotiche legate all’assunzione della pillola anticoncezionale sono di gran lunga più frequenti, e in generale i danni collaterali legati all’assunzione di antibiotici e di molte altre categorie di farmaci sono statisticamente molto più rilevanti. Ma l’eco delle rassicurazioni è rimasta confinata nelle colonne di pochi quotidiani, e comunque   non ha raggiunto la Sicilia, dove metà degli abitanti ha preferito il rischio del virus al rischio del vaccino. E certo non ha giovato la decisione dell’Europa di non rinnovare (per inadempienza sui tempi di consegna)  il contratto con Astrazeneca.

Conclusione: decine di migliaia di dosi sono rimaste inutilizzate nei frigoriferi,con il divieto tassativo di trasferirle ad altre regioni, meno ‘schizzinose’. E decine di morti attribuite al Covid per mancanza di vaccinazione,  saranno in realtà  tragici effetti collaterale di un colpevole  ‘errore di comunicazione’ aggravato da un ‘errore di rassicurazione’.   

Paolo Occhipinti

Giornalista, ex direttore editoriale di Rcs, ex direttore del settimanale Oggi

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