«Ciccione/a, grassone/a, culone/a, palla di lardo, cicciobomba, balena, puzzone/a, donna cannone…»
Ecco una rassegna dei nomignoli sprezzanti rivolti a ragazzi/e sovrappeso da parte dei loro tormentatori. Parole che colpiscono dolorosamente la vittima, che non trova la forza di ribellarsi e talvolta, ed è la cosa più triste, si unisce anche alla risata dei suoi aguzzini, in un estremo, disperato tentativo di integrazione, perché sono gli amici, o chi si vorrebbe amico, a colpire.
Possiamo elencare altri repertori di insulti : tra i più sfruttati quelli attinenti all’area semantica delle femmine di facili costumi (quando si tratti di ragazze) e all’area semantica dell’omosessualità (quando si tratti di ragazzi), con la consueta serie degli epiteti popolari più volgari. Pochi sanno praticare in modo originale e creativo l’arte dell’insulto, e i bulli, in genere, hanno poca fantasia.
Non sempre comunque ci si ferma alle parole. Da piccole vessazioni si può arrivare, in un crescendo, ad atti persecutori sempre più umilianti, fino a vere e proprie violenze fisiche. Quando poi gli insulti e il dileggio approdano al web, che ne amplifica la diffusione, si assiste al moltiplicarsi di cattiverie e di aggressività che possono portare ad esiti drammatici, come dimostrano alcuni recenti tristissimi fatti di cronaca.
In questi casi è senza dubbio necessario un energico intervento repressivo da parte di genitori ed educatori, ma il vero deterrente contro il bullismo non sono tanto le sanzioni dell’autorità adulta quanto la severa condanna del proprio ambiente sociale, la riprovazione morale dei coetanei. Laddove c’è complicità o anche solo indifferenza il bullismo trova infatti il suo terreno di coltura.
I sorrisetti compiacenti, il divertimento sadico, certi ammiccamenti dei compagni…
incoraggiano i prevaricatori a perseverare nelle loro angherie. Intorno agli episodi di bullismo c’è infatti sempre una zona grigia dove alligna l’omertà, quando non la connivenza, vuoi per viltà, vuoi per il desiderio di omologazione a chi gode fama di “figo” e di vincente.
Talvolta spettatori passivi, e quindi in qualche modo complici, della persecuzione sono anche studenti sensibili ai temi sociali, magari impegnati in attività di volontariato: prestano assistenza ad anziani e barboni, si prodigano per qualche nobile causa, ma non si accorgono della sofferenza di chi è loro vicino, del dolore del compagno di banco, come non ci fosse la percezione del danno recato.
Anche il bullo è inconsapevolmente una vittima: in una società fortemente competitiva come la nostra, in cui tutti, secondo i propri mezzi, cercano di emergere, crearsi fama di “duro” è il modo di costruirsi un’identità.
Agli insegnanti impegnati a combattere il bullismo a scuola e online l’onere di un’opera educativa attenta alla difesa della dignità della persona, ma anche intransigente nel bollare l’ignavia di chi assiste in silenzio e in questo modo avalla e incoraggia i comportamenti discriminatori. È compito del buon educatore saper sollecitare quei sentimenti di generosità, giustizia e solidarietà che non sono certamente scomparsi dall’animo dei giovani.
In un’età in cui l’approvazione e l’ammirazione del gruppo sono fattori importantissimi per costruire la stima di sé (molto più di qualsiasi apprezzamento da fonte adulta), è la riprovazione morale dei compagni, la loro reazione indignata a scoraggiare e isolare i prepotenti. Il mondo giovanile che l’ha prodotto è anche in grado di elaborare gli anticorpi contro il bullismo, contrapponendo all’imitazione di modelli negativi ragazzi consapevoli, educati a saper dire NO.