Invecchio pur sempre imparando
(Solone)
Durante l’ultima riunione di Redazione, si è intrecciata tra i partecipanti un’animata discussione sul tema della vecchiaia, conclusasi con la proposta di un corso per “insegnare a crescere e ad invecchiare bene”.
Quale potrebbe essere – ci siamo chiesti – il primo consiglio di questo ipotetico corso? “Non imitare i giovani” abbiamo risposto in coro, anche se, nella nostra società, la tentazione è forte. Ciò non significa trascurare il proprio aspetto, anzi. Corpo e abbigliamento devono ricevere cure adeguate e assidue. Non si deve rinunciare a rendersi gradevoli ed è perdonabile anche una certa dose di vanità, ma le nonne non possono vestire come le nipoti adolescenti né i nonni atteggiarsi ad atleti o imitare il gergo giovanile. È bene accettare la metamorfosi.
Questi non sono, tuttavia, che gli aspetti più evidenti e superficiali.
Trasformazione profonda è invece la nuova dimensione del tempo: una buona vecchiaia diventa selettiva, tende a eliminare le tante cose inessenziali che ingombrano la vita e fanno sprecare tempo.
L’anziano è depositario di un sapere da trasmettere alle nuove generazioni. Un tempo i suoi consigli venivano seguiti, la sua saggezza riconosciuta, i suoi giudizi rispettati, la sua cultura ammirata. Oggi che cosa ha da offrire a nipoti che lo surclassano per quanto riguarda il possesso delle nuove tecnologie? La sua storia. Dall’alto della sua età può scorgere il percorso compiuto: le direzioni, le tappe, le svolte che tracciano il disegno di una vita e le conferiscono significato. Ha una storia, unica e irripetibile, da raccontare, che si inserisce nella lunga catena di storie che risalgono indietro nel tempo, radici tenaci.
Acquisita la dimensione dell’eternità, capisce che è tempo di passare il testimone, di restituire quanto ha ricevuto dalla vita: autorità, potere, ruolo normativo. Invecchia male chi non riesce a designare eredi, a delegare il comando. Coloro che non vogliono mollare niente finiscono spesso per fare scelte inadeguate ed essere risucchiati in un giovanilismo ridicolo.
Per me, che dalla vecchiaia sono ormai sfiorato, l’elemento più importante dell’esperienza acquisita è il senso del limite. La saggezza degli anni si esprime nella rinuncia all’onnipotenza giovanile per l’accettazione serena di essere mortale. Mi verrebbe da dire il raggiungimento di un’impotenza felice. Ho preso consapevolezza di ciò che non sono in grado di controllare e di fare e me ne tengo a distanza, posso ascoltare le sirene senza cedere alle lusinghe del loro canto suadente, la consapevolezza dei miei limiti mi permette di agire meglio la libertà.
È la lezione che, come psicoterapeuta, cerco di trasferire nel rapporto con i miei pazienti: riconoscere le proprie fragilità, conviverci ed accettarsi per quello che si è.