Psiche

Quelle paure che sembrano ridicole ma che ti rovinano la vita

L’ascensore, o il metro, o i cani, o gli insetti… mille sono le fobie irrazionali che possono metterci in crisi. Esistono terapie veloci e efficaci

La paura di fronte a una situazione di oggettivo pericolo è una reazione sana, un segnale di allarme che ci allerta e mobilita le nostre capacità di reazione o di evitamento: è una paura che salva. Accanto a questa paura salvifica ci sono le paure che fanno paura perché sono dentro di noi. In condizioni normali riusciamo a controllarle, ma talvolta affiorano, in modo anche devastante, quando un evento esterno le aggancia, e possono diventare terrore paralizzante e panico. Sono paure irrazionali o comunque tali nel contesto in cui si verificano o negli esiti che producono.

La paura del temporale è perfettamente logica e “sana” se si viene sorpresi in alta montagna o in un mare tempestoso e se ci spinge a cercare idonee vie di fuga, altra cosa è il suo prodursi all’interno di un comodo appartamento di un quartiere residenziale cittadino.

A questo proposito conservo un vivido ricordo personale. Da adolescente frequentavo una cara amica che abitava nel mio stesso condominio; quando si profilava un temporale sua madre radunava tutti coloro che si trovavano in quel momento nella casa, domestica, figli, amici dei figli, eventuali ospiti, visitatori occasionali, in una stanza chiusa, completamente buia, e iniziava a sgranare il rosario. Smetteva solo quando l’ultimo tuono si allontanava. Eppure era una donna intelligente, perfetta padrona di casa, con una fitta rete di rapporti sociali, abituata a condurre vita mondana.
Di quei lontani momenti conservo il ricordo di ambienti soffocanti, in cui aleggiava l’apprensione come per un’oscura minaccia, anche se la voce salmodiante della signora finiva poi per cullarci tutti e farci sentire all’interno di un ventre caldo e protettivo.

Ci sono anche paure terrificanti, che possono sconvolgere la vita: paura di fare del male alle persone care, paura di essere spiati, di essere infettati, di essere oggetto di un complotto, paura di essere stupratori, di essere pedofili, paura di uccidere o di venire uccisi… ma qui entriamo nel campo di patologie gravi che necessitano di seri interventi terapeutici.

Torniamo a paure meno devastanti:

molte di esse possono sembrare ridicole a chi le osservi da fuori, ma chi le prova, anche se ne comprende l’assurdità, ne è dolorosamente coinvolto e anzi spesso tale comprensione aggiunge vergogna al dolore.

Ce n’è un repertorio infinito: paura degli insetti, dei cani, dei gatti, dei topi, delle galline, ma anche di animali più improbabili, almeno in un paese europeo, come i serpenti; paura di prendere l’ascensore, di scendere nella metropolitana, dei luoghi affollati, dell’aereo, del treno, di attraversare una piazza gremita di piccioni…
Tutta questa pittoresca moltitudine può essere ricondotta a un unico comun denominatore: paura di non potersi controllare, ovvero paura della paura, che esplode nella crisi di panico.
La differenza la fa sempre il grado di intensità: un conto è evitare i cani, altro il non uscire di casa per non correre il rischio di incontrarne uno; un conto è tenersi lontano dalla folla, altro l’essere costretti ad andare a piedi perché non si sopporta di stare in mezzo alla gente su un mezzo pubblico.
Alcune paure possono costituire un serio ostacolo: per esempio la paura di volare in persone che per ragioni professionali sono costrette a prendere frequentemente l’aereo.
In tutti quei casi che comportano un handicap per la vita della persona può essere indicata una terapia di graduale desensibilizzazione presso un professionista specializzato nel trattamento di questi sintomi: di solito ci sono buoni risultati in poco tempo.

Una situazione diversa si ha quando paure, anche banali, sono elementi accessori di una costellazione di sintomi che rimandano a un disagio profondo: allora è il quadro patologico d’insieme che va valutato e affrontato con terapie appropriate.

Quanto alle paure che ci accompagnano senza compromettere il nostro equilibrio e la nostra quotidianità, possiamo cercare di conoscerle meglio, di comprenderne le dinamiche, di “addomesticarle”, come accade a seguito di lunga consuetudine, in modo da renderle meno disturbanti e da poterci convivere senza eccessivo disagio. Per dirla con le parole che il raffinato falso filologo Michele Mari (Io venia pien d’angoscia a rimirarti, Einaudi, 2016) attribuisce al giovane Leopardi: «l’uomo è la sua paura; se potrà attraversarla, se potrà viaggiare dentro di essa come in un paese straniero, allora quella paura sarà più bella, ed ei potrà riguardarla come una favola, o una animata pittura».

Psicologa. Collaboratrice della fondazione Lighea. Dal 1980 si occupa di terapia e riabilitazione di pazienti psichiatrici.

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